Io di Spèsa

27 febbraio, 2006

Lou Reed @ Teatro Verdi, Firenze

Quando Lou Reed sale sul palco del Teatro Verdi di Firenze, incastrato nei suoi amati leather pants, impercettibilmente limitato nei movimenti, è come se per lui il pubblico non ci fosse. Prevedibile ed in linea col personaggio. Imbraccia la chitarra, ed insieme a lui si prepara la band: Fernando Saunders al basso (e voce), Mike Rathke alla chitarra (fantastiche le sue "sfuriate" nella parte finale del concerto), Tony Smith alla batteria, Rob Wasserman al contrabbasso elettrico. La partenza è per "The Paranoia Key of E", prima di una lunga serie di canzoni a me sconosciute: un totale di 13 pezzi, con nessuna citazione nè dell'epopea Velvet Underground, nè dei successi solisti degli anni '70. Eccezion fatta per il bis, dedicato a "Sweet Jane". Cantata peraltro svogliatamente, senza l'originale enfasi sul ritornello, quasi a dire: "brutti rompicazzo, volevate la canzone famosa?! Beccatevi questo." Tutto il rispetto per la decisione, a 64 anni suonati, di partire per l'Italia e suonare il suo rock, senza diventare un jukebox vivente, riproduttore di greatest hits ormai fagocitate dall'industria dei surgelati e dell'elettricità. Superfluo dire che avrei rischiato di cascare dal palchetto del teatro, se solo avesse deciso di suonare una "Heroin" piuttosto che una "Venus in Furs". Ma ciò nonostante, è stato uno show fantastico: ascoltare la sua voce unica e immortale, accompagnata dal suo tocco alla chitarra, non ha prezzo. L'animale si è dimostrato in gran forma, tutt'altro che svogliato (voci provenienti dal freddo, in tutti i sensi, show olimpico della sera precedente), anzi pignolo e scrupoloso nel pretendere il sound giusto dai tecnici.

p.s. Superati due nuovi limiti: partire per un concerto in completa solitudine e, come detto, assistere ad un'esibizione senza conoscere nemmeno una canzone. Fico.

23 febbraio, 2006

CYHSY @ Estragon, Bologna

Ore 23:15, gli attesi Clap Your Hands Say Yeah stanno per salire sul palco di un Estragon (per l'ultima volta) stracolmo...

...hanno da poco terminato la loro esibizione i philadelphiani Dr. Dog: una vera sorpresa, in positivo. Il loro lavoro d'esordio ("Easybeat", 2005) m'aveva lasciato a dir poco indifferente: belle melodie, ma con data di scadenza a breve termine. Pochi ascolti, ed era già scattata la noia. Ma non appena salgono sul palco, guadagnano punti:



















dei freak in piena regola. Particolare menzione per il look lebowskiano del chitarrista e backing vocals (sulla sinistra), e per la molleggiatura del lead vocals e chitarrista (sulla destra). La loro proposta è fatta di quelle melodie a cui accennavo prima, cantate a doppia voce, talvolta tripla: il risultato è ottimo. Le canzoni guadagnano in cattiveria e sbalzi d'intensità, qualità mai emerse su disco...

...ore 23:15, s'era detto. Dopo essersi fatti un po' attendere, i Clap Your Hands Say Yeah fanno la loro apparizione:


















parte "Let the Cool Goddess Rust Away". La sensazione è: mmmh (legenda: dubbi sulla qualità dell'acustica). Ma con la successiva "Is This Love?" si rifanno alla grande. Passa poco, ed è già il momento della canzone più attesa (dalla maggioranza): "The Skin of My Yellow Country Teeth". Incredibile a dirsi, parte addirittura il pogo! Si susseguono poi diverse covers. Irriconoscibili, e magari fosse solo per mia ignoranza. Purtroppo il sound è confuso, con gli strumenti che tendono a sovrapporsi. Anche la voce malaaata di Ounsworth ne risente: troppo spesso è necessario intuirla. E' il momento della mia preferita, "Details of the War", cantata "armonica alla bocca" e proposta in una versione rallentata. Bella. Dopo quasi un'ora di concerto i cinque newyorkesi si ritirano dietro le quinte. Ma ci rimangono poco: eccoli di nuovo sul palco, sulle note della giocosa "Clap Your Hands!". Apprezzatissima da tutto il pubblico presente, che partecipa attivamente al coro di "and i feel so lonely...". Sarà questo il momento di maggiore "socializzazione" tra pubblico e gruppo, forse eccessivamente distaccato. Ma più che l'impressione di "tirarsela", hanno dato l'idea di essere in qualche modo tesi, in soggezione. Più probabilmente, un mix delle due. In chiusura da segnalare una trascinante "Upon This Tidal Wave of Young Blood".

Nel complesso non un concerto memorabile, ma in un certo modo "obbligato", dopo aver adorato il disco uscito lo scorso anno. L'acustica ha lasciato a desiderare, ma, conoscendo pressochè a memoria le canzoni, non è stata eccessivamente limitante.

18 febbraio, 2006

7 maggio 2006: -12

Dodici, come le partite che mancano al termine della stagione. Dodici battaglie in cui difendere con i denti l'attuale secondo posto.

Purtroppo il Genoa, nonostante gli attuali (e definitivi?) 3 punti di penalizzazione, pare irraggiungibile. O meglio, sono io che voglio togliermi l'idea dalla mente. Perchè in realtà ci sarebbe ancora un certo scontro diretto da disputare al Picco, augurandosi che torni ad essere la temibile bolgia dei tempi migliori... Non c'è esperienza e caratura tecnica che tengano, sfido qualunque giocatore del Genoa a giocare tranquillo, con i "cani sciolti" dei distinti protesi dalla balaustra, a far sentire il proprio fiato sul collo. Dalle mie parole emerge la fiducia, mai venuta meno, che la partita si svolga effettivamente al Picco: giusto ieri la notizia, diramata direttamente dalla società, del raggiunto accordo con questore e prefetto riguardo l'effettiva disputa della partita nel nostro caro stadio. Una situazione che pare più rosea e definita di quanto non fosse a Pavia, dove il TAR ha dato ascolto ai timori di prefetto e questore, annullando la partita Pavia-Genoa di lunedi prossimo, rinviandola a data e sede (neutra) da definirsi. Certo converrà stare alla finestra, perchè (brutte) sorprese dell'ultimora sono sempre dietro l'angolo.

Intanto, dopo la sosta, riparte domani il campionato: al Picco arriva l'inguaiato San Marino, che può vantare però un ottimo rendimento esterno. Metà dei suoi punti li ha conquistati proprio in trasferta. Ma come è d'abitudine nelle partite casalinghe, salvo imprevedibili passi falsi, la vittoria non dovrebbe sfumare...sgrat sgrat... Le speranze sono rivolte verso la notra coppia delle meraviglie, Max & Max, confidando che ritornino a segnare a raffica come ad inizio stagione. Per aiutarli sarebbe necessario un terreno di gioco all'altezza. Mi auguro che, nel mese trascorso giocando altrove, si sia risistemato quello che era diventato un campo di patate.

Voglio infine complimentarmi nuovamente con la società, che ha portato avanti un mercato su misura: è stato ceduto il punto debole dell'undici titolare, il terzino sinistro Florindo, e si è investito proprio sugli esterni difensivi. Ferdinando Giuliano, un jolly d'altri tempi, che si è già ben disimpegnato sull'esterno sinistro. Leggermente limitato dal non essere un mancino naturale, non velocissimo sull'allungo, ma grintoso ed implacabile nelle chiusure. Simone Groppi, smaltito l'entusiasmo dell'esordio, condito pure da un gol, ha dimostrato una condizione più che approssimativa, che non gli consente di far pesare le sue buone doti tecniche. Non è bello vedere un giocatore di questo livello con le mani sui fianchi al ventesimo del primo tempo (vedi partita con la Sambenedettese), ma fortunatamente possiamo permetterci di tenerlo fuori e farlo progredire con calma. Questo grazie a Marco Gorzegno, terzino sinistro dal fisico imponente, che ha esordito solamente a Giulianova, realizzando l'importantissimo gol del 2-2 nel finale (vedi foto ad inizio post). Soda permettendo, lo vedrò all'opera domani dal vivo. Spostandosi diversi metri avanti per il campo, troviamo Giampaolo Ciarcià (maglia del centenario numero 15, nella foto): il giocatore che mancava. Esterno offensivo, imprendibilie sul breve e dal dribbling funambolico. Speriamo riesca dove negli anni scorsi ha fallito Matteassi: trovare posto nel cuore dei tifosi, vicino al "sindaco" Roberto Chiappara. Un tipo di giocatore che potrebbe diventare letale (per gli avversari) nei finali di partita. Ma Soda ha forse in mente qualcosa in più, avendolo già schierato titolare a Giulianova.

08 febbraio, 2006

L'arte del doppio senso













Dopo il celeberrimo siparietto dei tempi che furono con gli Elio e le Storie Tese, il signor Rocco Siffredi si mette nuovamente in gioco, proponendosi con un'autoironia fuori dal comune: una geniale sfilza di doppi sensi, degna di un Oscar alla carriera!

Lo spot.

Onde evitare un'ipotetica futura scomparsa del video:

Io di patate, ne ho viste tante: gustose, fragranti, non ce la faccio a stare senza.

Le ho provate tutte: americane, tedesche, olandesi; grandi e piccole, con la sorpresa.

Le prendevo così, senza tanti complimenti, anche tre alla volta.

Ma nessuna è come questa.

Fidati di uno che le ha provate tutte, Amica Chips è la migliore.

05 febbraio, 2006













Film School - s/t - [2006]

Si susseguono senza soste le uscite in ambito wave, e come al solito non me ne lascio scappare una. E' questo il turno dei californiani Film School, che potrebbero essere tranquillamente confusi per un prodotto tipicamente british, tale è il loro approccio musicale. Come già detto, ad un primo ascolto viene spontanteo inserirli nel filone revival-wave, ma alla lunga questa definizione si fa riduttiva. Se inizialmente richiamano alla mente la musica degli Interpol, tanto per citare i maestri del nuovo millennio, a differenza dei recenti e monocordi Editors, si spingono molto più in là, con un risultato complessivamente migliore ed imprevedibile. Le tracce si succedono sulla strada di una progressiva dilatazione sonora, a partire da brani più immediati ("Breet" su tutte), per perdersi poi in meandri shoegaze disegnati da suoni riverberanti. La parte finale è sicuramente più ostica, ma dopo un sufficiente numero di ascolti si rivela all'altezza della prima. Un buon disco, e siamo nel 2006 solo da un mese. Avanti così.


EDIT

Scopro ora che esiste un loro precedente LP, risalente al lontano 2001, tale Brilliant Career. Massimo Alfredo Giuseppe Maria, per la precisione.

02 febbraio, 2006

Toblerone, qualcuno sa perchè











Ora lo so anch'io, a cosa può servire un Toblerone, oltre a farsi venire i brufoli. A rivelarmelo è stato direttamente Max Collini, leader e cantante degli Offlaga Disco Pax, declamando le liriche dell'inedita "Cioccolato IACP", durante il concerto di ieri, al Tago Mago di Massa. Da qualche tempo tenevo d'occhio il cartellone del locale massese, unico a proporre concerti sfiziosi nelle mie vicinanze. L'occasione per esordirci l'avevo individuata proprio nell'esibizione degli Offlaga Disco Pax da Cavriago (RE), ma la decisione finale, se andare o meno, l'ho presa solo all'ultimo momento, grazie ad una compagnia inaspettata.

Succede quindi che arrivo solo all'ultimo momento, quando l'angusto (e mal disposto) Tago Mago è già stipato. Ben oltre il solito, mi viene detto. Comprensibile, essendo gli Offlaga la rivelazione italiana del 2005. Parlerò quindi di cosa ho ascoltato, perchè per il resto riuscivo a vedere a malapena le pose teatrali di Max Collini. Gli altri due componenti la band, impegnati tra chitarra e basso, spesso scomparivano alla vista dei più, chinandosi a terra. Posso solo immaginare che manovrassero qualche aggeggio tecnologico, mettendoci probabilmente del loro, anche dal vivo, nel riprodurre le ottime basi che accompagnano i loro testi surreali. L'effetto complessivo di questo live è vicinissimo a quello (ottimo) suscitato dal disco. Se era tutto sommato prevedibile per la voce recitante di Collini, non lo era per la sezione musicale che, basi pre-registrate o meno (il dubbio rimane), è stata all'altezza della situazione. Non saranno un gruppo eterno, di quelli che non ti stufi mai d'ascoltare. Di certo non per me: dopo l'effetto sorpresa, qualche colpo lo hanno già perso. Rimane comunque innegabile che abbiano segnato l'anno musicale tricolore appena trascorso, e che in futuro li seguirò con curiosità.